Seconda metà del 2022

ATTERAGGIO MORBIDO?

Il mercato azionario americano è sceso del 20% dall’inizio dell’anno, ma fino agli ultimi giorni, questo movimento è stato guidato dall’incremento dei tassi di interesse e non dalla debolezza dei ricavi attualizzati.

Infatti, nonostante le recenti oscillazioni, la crescita dei ricavi attualizzati rimane forte e superiore a quella dell’anno precedente. Le azioni del mercato americano degli scorsi giorni, al netto dell’effetto dovuto all’aumento dei tassi, presenta un valore del mercato dell’equity superiore a quello presentato all’inizio dell’anno.

Ad ogni modo, il mercato azionario si è mosso e si sta muovendo in una direzione differente dall’obiettivo della FED, soprattutto in termini di inflazione.

Per ottenere un rallentamento significativo di questa, generalmente, si interviene con una politica fortemente restrittiva, che porta nella maggioranza dei casi una recessione e con conseguente contrazione dei ricavi (cosa che come abbiamo detto prima ad oggi non viene considerata).

Trattare l’inflazione, come è stato fatto, come qualcosa di transitorio, non aiuta sicuramente ad avvicinarsi a quello che è il target della FED.

A questo stadio, l’inflazione è un processo che tende a rafforzarsi da solo a meno che incontri un forte restringimento o rallentamento economico in grado di raffreddare la situazione.

Contrariamente, il mercato del lavoro, inteso come tasso di occupazione ed incrementi salariali, ha toccato i massimi storici. Questo evento aumenta i consumi ed i prezzi che a loro volta alimenteranno nuovamente una rivisitazione a rialzo dei salari. Portando le due cose ad auto alimentarsi a vicenda.

Non solo, ma anche gli affitti stanno crescendo in maniera superiore a quanto riportato dai dati ufficiali.

In aggiunta l’influenza della guerra in Ucraina e la quarantena cinese con conseguente blocco della produzione e del trasporto, stanno causando ulteriori ostacoli, mandando in tilt le previsioni e spingendoci verso una maggiore inflazione e minore crescita reale.

In sintesi, quello che mi interessa comprendere non è determinare quale prezzo di mercato sia sbagliato, ma piuttosto quanto è improbabile che i prezzi attuali siano giusti.

Molto naturalmente dipenderà dalla Fed, che potrebbe dover scegliere tra ridurre l’inflazione o evitare una recessione.      

Come esempio storico potremmo prendere la recessione del 1970 (Scaturita dall’aumento del gasolio e dalla guerra in Vietnam). Il livello di inflazione al tempo era superiore ai livelli attuali, e di conseguenza, successivamente all’incremento del tasso, i guadagni nominali hanno subito una significativa riduzione.

Per questo motivo sostengo che i prezzi di oggi non siano coerenti con le aspettative di una contrazione significativa.

UN’ALTA INFLAZIONE RICHIEDE QUASI SEMPRE UNA RECESSIONE PER NORMALIZZARE IL MERCATO.

I prezzi sono in forte contrasto con l’inflazione attesa.

Il grafico mostra che l’inflazione è destinata a cadere significativamente, cosa che avviene in caso di recessione. L’unico episodio storico di crollo dell’inflazione senza recessione è quello del 1990 quando un insieme di elementi (compresi globalizzazione e incremento della produzione) hanno portato ad un calo costante dell’inflazione.

Per quanto l’incremento della automazione continui ad essere una pressione deflattiva, altre forze storiche deflattive, come la globalizzazione e la delocalizzazione della fornitura, sono probabilmente diventate/diventeranno delle forze inflattive.

Data la natura radicata dell’inflazione attuale, non vedo un percorso di recupero senza una significativa debolezza economica.

L’INFLAZIONE è UNA DINAMICA CHE SI AUTO ALIMENTA

Perché la spesa di un uomo è il guadagno di un altro, la spesa nominale e la crescita dei salari stanno sostenendo il processo inflazionario.

Un forte mercato del lavoro e una rapida crescita dei salari, così come il passaggio tra l’acquisto di beni a quello dei servizi, ha supportato un’inflazione generale nei servizi.

Dal momento che diverse società stanno rivisitando (a livello globale) gli stipendi a rialzo, mi aspetto che questa dinamica continui.

Gli alti salari, ed il calo del problema “Covid”, potrebbero in aggiunta attirare piü persone nel mondo del lavoro anche se probabilmente non sarà sufficiente a soddisfare la domanda di lavoro attuale.

La forza dei salari nominali è probabilmente supportata da una scarsità di lavoratori record (sia che utilizziamo gli indicatori o il tasso di disoccupazione)

A queste pressioni si aggiunge il mercato immobiliare.

L’inflazione sul prezzo delle case ha raggiunto il record degli ultimi 30 anni.

Ma l’adeguamento dei prezzi (sia del mattone che degli affitti) è in ritardo.

L’incremento dei tassi del mutuo avrà un effetto deflattivo sui prezzi degli immobili, ma spingerà molta gente ad affittare case/appartamenti portando ad un forte incremento dei prezzi di affitto.

Per quanto ci siano degli agenti transitori, l’inflazione dei beni sta affrontando pressioni sia nel rallentamento della fornitura che nell’incremento dei costi delle materie prime.

La scarsità dei prodotti dovrebbe durare fino al 2023 ed i prezzi delle materie prime non dovrebbero scendere.

Mentre il passaggio dalla spesa per i beni a quella per i servizi può allentare la pressione sull’inflazione dei beni nel futuro, gli ostacoli di fornitura insieme ad alti livelli di domanda, stanno supportando un incremento dei prezzi.

Il lockdown in Cina sta anch’esso rallentando l’economia mondiale. Tutto sta accadendo quando la catena di fornitura è già molto stressata e si riflette in costi di trasporto super elevati.

Sono fiducioso che entrambi gli elementi del prezzo di mercato difficilmente avranno ragione allo stesso tempo. Però se la Fed vuole davvero che l’inflazione scenda tanto quanto spera, dovrà progettare una maggiore debolezza economica rispetto a quella attualmente scontata.

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